CORRIERE DELLA SERA - 2 SETTEMBRE 1999
Dissi che era un atto di guerra, mi incriminarono
"Bene non sto, ma diciamo che oggi devo star bene per forza. Sono felice che finalmente ci sia la possibilità di chiarire le cose. Sì, sono felice". Aldo Davanzali parla a fatica. Un po' per l'emozione e un po' per colpa dei malanni che da qualche tempo lo affliggono.
All'epoca della strage, era lui il presidente dell'Itavia. Fu lui tra i primi a fare l'ipotesi di un atto di guerra come causa dell'esplosione del DC9. Risultato: incriminazione e chiusura coatta della compagnia, accusata dal governo di avere aerei inefficienti, malmessi proprio come quell'I-TIGI che si diceva caduto per "cedimento strutturale", o perché era una carretta noleggiata da una società nelle Hawaii, adibita al trasporto del pesce e quindi corrosa dall'acqua di mare, cioè dal sale. Perché anche questo si diceva nei briefing del 1980, tenuti allo stato maggiore dell'Aeronautica militare italiana.
Dopo la chiusura dell'Itavia quanti dipendenti finirono a spasso, avvocato Davanzali? "Un migliaio di persone". Ricorda quel dicembre del 1980, quando andò dal giudice a dire che forse il DC9 era stato abbattuto da un missile? "E fui incriminato... certo che me lo ricordo. Molte volte l'abbiamo detto e non abbiamo mai ritrattato una virgola. Anche quando siamo rimasti soli, isolati. A parte...". A parte? "Gli ex dipendenti Itavia, pochi amici, la gente che ci conosce, qui nelle Marche. Loro lo sanno che non abbiamo mai fatto giochini, che tentavamo di andare per la nostra strada. Da imprenditori seri". A questo punto che cosa si aspetta? "Beh, che il governo faccia qualcosa". Per accertare le responsabilità internazionali? "Quello credo sarà difficile. Diciamo che mi aspetto un riconoscimento di giustizia per l'Itavia, per quello che è stato fatto a me e alla mia famiglia".
In questi anni, negli ambienti militari si è sussurrato che dietro la campagna per la verità su Ustica ci fosse lei, anzi i suoi soldi. Che era lei a pagare i giornalisti... "E' una calunnia incontrovertibile". Si è detto anche che la sua fosse una battaglia per il risarcimento, che ci fossero grossi interessi in gioco. "Inutile rispondere, dopo tutto quello che oggi sappiamo. Comunque, non mi sembra che lo Stato italiano ci faccia una bella figura". Però un risarcimento lo chiederete. "Presto per dirlo. Complicato. Vedremo". Ha quantificato il danno subito in vent'anni? Si parla di una cifra intorno ai 1.500 miliardi di lire... "Mi sembra tanto, comunque non saprei. Certo, se mi dessero 1.500 miliardi...". La sento emozionata. "Ho settantasette anni e non sto troppo bene, gliel'ho detto". Ma non ha rinunciato alla battaglia giudiziaria. "No, mai. Perché il vero danno, quello che hanno fatto alla mia famiglia, tutto quello che abbiamo dovuto subire in quel periodo, ecco... mi resta difficile spiegare: noi veniamo dopo le vittime, non c'è dubbio, sono ottantuno morti e non si cancella, ma quel danno morale che abbiamo subito non è quantificabile". Ci sarà stato anche il danno materiale però... "Sì, abbiamo venduto tutto, ceduto tutto per far fronte alla chiusura della compagnia. Ma questo viene dopo, ci si può mettere intorno a un tavolo e risolvere la questione. Tutto si risolve, sono le vittime che non tornano indietro".
L'Itavia è stata la prima compagnia privata italiana a sfidare il monopolio. "Quando era veramente difficile. Quando ti schiacciavano". Invece oggi la competizione commerciale nei cieli è una realtà: quanta amarezza a guardarsi indietro? "Tanta. Eravamo una realtà unica: piloti, assistenti di volo, impiegati, direzione, tutti uniti a cercare di fare il meglio per il Paese. Poi è finita così... no, anzi: per fortuna, adesso posso dire che non è ancora finita".
Andrea Purgatori - Corriere della Sera
Si va avanti disse l'Avvocato Davanzali
La storia di Aldo Davanzali è quella di un uomo che ha costruito un impero e ha perso tutto la notte del 27 giugno 1980, quando a nord di Ustica precipitò il Dc 9 dell' Itavia che aveva la sigla I TI GI. Davanzali, presidente dell' Itavia, venne accusato per la morte degli 81 passeggeri. Per molti mesi l' ipotesi principale fu del « cedimento strutturale » . Davanzali, si disse, faceva viaggiare su « bare volanti » , aveva noleggiato quel vettore nelle Hawaii, un aereo corroso dal sale marino. Nel dicembre 1980, Davanzali reagì: « Ho la certezza che ad abbattere il Dc 9 è stato un missile lanciato da un altro aereo » . Venne incriminato per notizie false e tendenziose, ma non sarà mai processato. Aldo Davanzali è morto la sera di giovedì, nell' ospedale di Loreto, a 83 anni. Nullatenente. Malato del morbo di Parkinson, lui che era stato alto, bello, biondo, molto ricco. Nessuno crede più da tempo al « cedimento strutturale » , ma la strage di Ustica è sepolta sotto perizie, atti parlamentari, inchieste, non ha colpevoli, solo il fortissimo sospetto che sia avvenuta una battaglia in quel cielo. Davanzali ha sorriso nel novembre 2004 quando i quattro generali dell' aeronautica rinviati agiudizio per aver depistato le indagini furono assolti, ma due di loro solo perché il reato fu considerato prescritto. E a febbraio il suo avvocato, Mario Scaloni, ha presentato la richiesta di appello, contro la prescrizione. Davanzali nell' aprile 2001 ha chiesto allo Stato 1.750 miliardi di lire per danni esistenziali e patrimoniali. Dopo la tragedia di Ustica, l' Itavia fallì. Il ministro dei Trasporti di allora, Rino Formica, revocò le concessioni. « Una compagnia distrutta da una menzogna » , dirà più tardi Giuliano Amato, in commissione Stragi. I dipendenti erano mille, l' Itavia tentava, fra le prime, di rompere il monopolio delle compagnie nazionali. Il disastro trascinò anche le altre sette società di Davanzali. Lui restò ottimista. Ripeteva: « Dopo che si è persa ogni speranza, si va avanti » . Era nato sulla riviera di Sirolo, presso Ancona, di buona famiglia. Aveva fatto il partigiano, da cattolico, era laureato in Legge. Diceva: « La mia consolazione è non aver mai visto dubitare di me i parenti delle vittime » . Quanto alla causa civile, ai 1.750 miliardi di lire, prevede l' avvocato Scaloni che la sentenza ci sarà nel 2008. Ad ascoltarla ci saranno le due figlie, Luisa e Tiziana Davanzali .
Luisa Davanzali
Mio padre si ammalò subito dopo Ustica. Era rimasto un uomo solo, senza lavoro.Era un imprenditore importante ad Ancona. In un momento tutti gli hanno voltato le spalle,
anche le banche. Ha perso ogni cosa, noi figli abbiamo dovuto ricomprare i beni personali».
Lo ha dichiarato Luisa Davanzali, figlia di Aldo Davanzali, ex presidente di 'Itavià e proprietario
dell'aereo DC-9 di Ustica, i cui resti sono arrivati ieri a Bologna. «Chiedo semplicemente - ha proseguito Davanzali - che si dicano due parole anche per lui, per papà. È morto con i passeggeri del 'suò jet. Poi ha affrontato la
malattia, un altro calvario».
«La sera del 27 giugno era distrutto. Noi abbiamo fatto causa allo Stato, chiediamo un risarcimento». «La sentenza dei generali
mi ha sconvolto - ha spiegato Davanzali - quella conclusione che il fatto non sussiste: com'è possibile? Mio padre era stimato da tutti, la sentenza di Priore lo ha scagionato, ma lui stava già troppo male per accorgersene. Ormai viveva ritirato
nella casa di Sirolo, è morto lì».